sabato 29 giugno 2013

Parte seconda - Il Bunker (il gran ballo dei 100)

Il Bunker
(il gran ballo dei 100)


La notte la passai tra sogni, incubi e deliri alcolici.
Per festeggiare mi ero concesso qualche drink di troppo e quello era l’inevitabile risultato.
Ma non potevo permettermi il lusso di giacere sugli allori, non ero dentro, non ancora.
Prove difficili mi attendevano.
Ero spaventato ed eccitato - è una guerra – pensai.
Ci avevano convocato alle nove del mattino seguente, quel giorno l’afa era soffocante.
L’attesa durò quasi tutta la mezza giornata.
Ingannai il tempo facendo amicizia con altri aspiranti chef, c’era un bel campionario di società tra di loro: imbianchini, idraulici, studenti, avvocati e casalinghe.
Ma anche palestrati iper tatuati, ciccioni, bionde sia belle che brutte, ragazzi in jeans e altri curatissimi in eccentriche tenute da vittime del fashion.
Dopo qualche altra estenuante ora d’attesa ci radunarono, ci diedero dei grembiuli bianchi e ci fecero marciare al passo dell’oca per tutte le stradine adiacenti allo studio mentre ci riprendevano con due o tre telecamere.
Le scene si ripeterono tre, quattro, cinque volte, tra il caldo che fiaccava le energie ed un certo nervosismo generale. Nessuno si aspettava cosa sarebbe poi successo.
Finalmente si spalancarono le porte del bunker.
L’aria condizionata strideva di condensa appena si scontrava con le luci del set, il fumogeno usato per la scena faceva il resto, condendo l’atmosfera di mistero e tensione.
Ci accatastarono in dieci file da dieci…
Se la matematica non è un opinione fa cento.
Cento speranzosi aspiranti chef per appena diciotto posti disponibili.
Si, era una guerra.
Dopo un breve e mellifluo discorso arrivò un ribaltabile.
Luci gialle di avvertimento colorarono l’aria seguiti da un rumore meccanico e greve, il contenuto del camioncino iniziò a rotolare sul pavimento.
Patate.
Tonnellate di patate.
Quello che più ricordo è l’odore umido dell’amido delle patate e quello acre e metallico del sangue.
I coltelli in dotazione erano affilati come rasoi e in molti si affettarono dita e mani, me compreso. Ci era stato detto della presenza di un’unità di soccorso che, in effetti, ebbe il suo bel da fare per tutta la durata della prova. Il procedimento standard di medicazione in quei casi era il seguente: tamponare la ferita con un disinfettante, incerottare e coprire la mano con un guanto in lattice monouso.
Dopo la prima ora della gara il 40% di noi aveva un cerotto e un guanto, percentuale che salì all’89% a gara ultimata. Anch’io mi ero ferito, ma approfittai delle miracolose capacità curative dell’amido per sfoderare una rigenerazione dei tessuti che manco il vecchio Wolverine. I piccoli taglietti che mi ero procurato a contatto con le patate si rimarginavano quasi subito, ed era un sollievo non dover indossare quei guanti. Quindi gente, se vi tagliate o scottate metteteci su una patata, funziona, giuro!
La sfida era appassionata, le bucce delle patate affollavano ormai le postazioni. Avevo le scarpe stracolme di scarti e poi c’erano loro, i tre giudici.
Avanzavano tra i banchi da lavoro come il sergente Hartman di Apocalipse Now tra le fila dei marines, osservando, scrutando, cercando la loro personalissima “palla di lardo” da deridere e cacciar via dal programma. Detta così può sembrare terrificante ma vi assicuro che lo era.
Dopo un paio di ore di lavoro avevo assistito ad un paio di feroci bocciature ( “queste patate ti sembrano tagliate dalla stessa misura? E Allora!? Sei fuori!!!”, faceva uno, e l’altro :”la tua lintezza è diludente… sei liminato, mi spiace!”) ma anche a qualche sofferta vittoria.
Arrivò il mio turno, in due si misero davanti a me e mi scrutarono per un paio di lunghissimi minuti. Rovistarono tra le patate che avevo affettato, alcune a “saponetta”,  altre a “point neuf”, proprio come ci era stato chiesto. Uno ostentava uno sguardo di ghiaccio, carisma, e l’impressionante sensazione che con quegli occhi sarebbe riuscito a guardarti dentro. L’altro sotto sottili ed eleganti occhialini sorrideva, non capivo se il suo sorriso fosse ironico o no, ma non era affatto rassicurante.
Poche veloci battute ed una pacca sulla spalla mi fecero capire che era fatta, ero dentro.
Ad un tratto squilla un cellulare. Ma come? nel bel mezzo di uno show televisivo?
C'era un ragazzo alto e barbuto, somigliava parecchio a James Caviezel, si quello che ha fatto la passione di Cristo. Il cellulare era il suo. Il tipo venne immediatamente circondato da assistenti di studio assetati di sangue. Il cellulare fu spento e sequestrato all'istante. Il bello della non diretta.
Le ore passarono e si sommarono alle altre, ne erano passate circa sei e ancora c’era gente che affettava e tagliava come matti. Quella volta circa la metà dei cento speranzosi aspiranti chef scivolò sotto un mare di bucce di patata, ma era solo una battaglia, la guerra vera era appena iniziata.



Tips &Tricks
PATATE

miniminagghi

un assaggio del mio libro (ricette? si qualcuna..)

Di seguito pubblico (dopo tante richieste, all'indomani di un appello per trovare un editor) due piccoli capitoli di quello che spero sarà il mio libro, rispolvero questo mio vecchio blog per l'occasione in attesa di un sito piu' professssionaleeee :D
buona lettura..e commentata anche acidamente, ci sta...

Mystery box: mystery life.

Me lo chiedevo di continuo: come diavolo fanno questi chef amatoriali, aperta la scatola misteriosa, a inventarsi una ricetta?
In realtà è una vita che mi cimento in Mystery box, e sicuramente, amici, l’avrete fatto anche voi. La vista desolante dei ripiani vuoti del frigorifero la sera, al rientro dal lavoro, vi avrà di certo spinto ad essere piuttosto creativi (e cretini, me per primo) in cucina, io ad esempio usavo: l’olio delle conserve, riciclato di necessità, usato come condimento; i capperi salati sciolti nell’acqua di cottura della pasta, al posto del sale; o ancora, sostituire il burro con il grasso della pancetta (cosa che sarebbe pure corretta se si usa il guanciale). Ne ho combinate di  atrocità in cucina!
Ma lo spirito di sopravvivenza, corroborato da ricette improvvisate negli anni, mi ha spinto tra le fila dei casting del nostro cooking show preferito. Così, iniziando da Roma, arrivo a Milano per presentare il mio piatto ai tre famosi giudici. Timorati aspiranti chef, ammassati in una piccola sala e sottoposti a lunghe ore di attesa, manifestavano evidenti sintomi di squilibrio: risate isteriche, pianti improvvisi, esaltazioni mistiche e via dicendo. È il mio turno: inizia il conto alla rovescia dei 45, scarsi, minuti a mia disposizione per cucinare il “Sole di Sicilia“.  Inizio, nell’ordine, a tremare, a  sudare, a ridere da solo, sopraffatto dall’occhio delle telecamere, dai fotografi e dall’ansia delle autrici che, agitate mi tempestano di domande. Improvvisamente mi riprendo: davanti a me un forno spaziale mutuato da un episodio di Star Trek che, con lucine e pulsanti, devo riuscire a decifrare per infornare la mia melanzana. Finalmente parte. Sono più rilassato. Metto la malvasia su un tegame e inizio a lavorare il pesce spada, con olio ed erbe aromatiche portate dalla mia Sicilia.
Per fare il figo all’Esselunga ho comprato un sale aromatizzato, con macinino annesso: un quarto d’ora per grattare sopra la giusta dose di cristallo bianco, e intanto il tempo scorre.
Disperazione, lo stato d’animo peggiore: appena dieci minuti! Rischio di perdere un dito per frullare i pistacchi, non tostati preventivamente per mancanza di tempo, gli stronzi sembrano scappare via e non  lasciarsi sminuzzare. Preso da un folle raptus inizio a triturare anche la melanzana ancora bollente(che produce tre o quattro ustioni gravi sulle dita) e aggiungo olio e mandorle.
Intanto, l’autrice mi tartassa di domande, a cui rispondo in maniera concitata senza nemmeno sapere cosa dico. Lei sembra contenta, a me basta.
Ho già realizzato la base del mio piatto, ha una bella forma, la giusta consistenza ma la melanzana non si è cotta bene. Mi maledico, ma ormai conto i secondi che mi separano dalla fine della prova. Assaggio un pezzo di pesce spada: non sa di nulla! Manca il sale, maledetto macinino dell'Esselunga! Spero che la malvasia riesca a coprire i difetti evidenti del piatto.
Appena in tempo coloro con i pistacchi il pesce spada, un filo d’olio e poi finisco con la riduzione di malvasia: stop!
Mi fermo, alzo le mani, quanti difetti ho nel piatto, ma so anche che l’idea è buona, spero.
 “Devo rifare il piatto!”. Questa frase me la fanno ridire una, due… quattro, cinque volte, e sarà l'unica parte che reciterò in questo fantastico show. A loro serviva un raccordo, mi spiegano, l’anello di congiunzione che separa il piatto contestato dai giudici alla mia riammissione in cucina.
Stavolta non mi fottono, né i fuochi né il sale.
Il piatto è un successo.

Passo la selezione.


Ricetta

SOLE DI SICILIA

Ingredienti


pesce spada, 800gr
>limoni, 2
>melanzane grosse, 2
>pistacchi di bronte, q.b.
>malvasia, 1 litro, zenzero, q.b.
>timo, q.b.
>alloro, q.b.
>rosmarino, q.b.
>origano fresco, q.b.
>menta, q.b.



Mettere le melanzane in forno con tutta la buccia e lasciarle cuocere finche’ la polpa non è morbida e ben cotta. Ricavare la polpa scavando con un cucchiaio e mettere il totale in un mixer, aggiungere olio, sale, pepe e un po’ di menta. Frullare fino a ricavarne una purea morbida e setosa.

Con un coppa pasta tagliare 4 dischi di spada, salarli e metteteli in un recipiente largo con le erbe aromatiche, quindi versarci sopra dell’acqua bollente fino a coprirli, un filo d’olio e poi sigillare con dell’alluminio. Lasciare riposare per 10 minuti. Tostare i pistacchi in una padella antiaderente, farli rosolare per poi passarli al mixer ottenendo una granella di pistacchi.

In un pentolino versare la malvasia e farla restringere aggiungendo a meta’ procedimento un po’ di zenzero sbucciato e tagliato a lamelle. Appena ristretto passare da un colino e lasciare raffreddare. Comporre il piatto con un coppa pasta, mettendo alla base la crema di melanzane, in mezzo lo spada e sopra la granella di pistacchi. Ultimare il piatto con la riduzione di malvasia.